l’analisi

Lavoro e fiducia, l’Italia a tre velocità nell’anno del virus

di Alessandro Zollo*

Lavoro e fiducia, l'Italia a tre velocità nell'anno del virus

I dati sulle percezioni dei lavoratori registrati lungo il corso del 2020, non possono non essere analizzati alla luce della pandemia che ha colpito tutti noi e che ancora modifica le nostre abitudini e i nostri comportamenti, lavorativi e non. La fotografia che ci offrono i 53.210 collaboratori delle 128 aziende che abbiamo ascoltato, ci mostrano però un’Italia divisa. L’Italia vincente, flessibile, resiliente, «smart» nel vero senso della parola, l’Italia investita da un qualcosa che non ha ancora capito come affrontare efficacemente e l’Italia delle start-up tecnologiche che hanno vissuto un anno record.

Le tipologie

L’Italia smart, rappresentata dai migliori luoghi di lavoro qui pubblicati, aumenta il livello di fiducia da parte dei suoi collaboratori di quasi quattro punti percentuali rispetto allo scorso anno. Il Trust Index© che oscillava dal 2016 tra l’80% e l’82%, balza in un solo anno all’85,79%. Quindi, l’86% circa dei collaboratori di queste organizzazioni si fida dei propri leader, collabora efficacemente con i propri colleghi ed è orgoglioso di come la propria organizzazione abbia affrontato la pandemia. Queste aziende hanno dimostrato attenzione al clima e al benessere organizzativo, anche a distanza, evidenziando una oculata strategia di employer branding. Così facendo hanno avuto comunque performance economiche in crescita nonostante il Covid; il dato registrato lo scorso anno (crescita del fatturato medio 2018-2019) si attestava ad un sontuoso +17,47%, quello di quest’anno (2019-2020) ad un, comunque benaccetto, +7,61%. La vera notizia però è che, per la prima volta negli ultimi dieci anni, Fiducia e Fatturato non vanno a braccetto. Ad un aumento della fiducia nei leader e nell’organizzazione non corrisponde un aumento delle performance finanziarie. L’impatto della crisi si fa sentire sui conti economici nonostante le persone abbiano riconosciuto gli sforzi delle organizzazioni nel venire incontro alle loro esigenze. Per questa ragione la correlazione tra i due indici crolla da 0,94 a 0,32, ed è lecito domandarsi cosa sarebbe accaduto se i leader di queste organizzazioni non avessero «scommesso» così tanto sulle proprie persone e sulla loro resilienza.

Chi fa fatica

Veniamo all’Italia investita dal Covid, è l’Italia delle aziende private che ha fatto e sta facendo molta fatica. Il dato Istat sulla crescita di fatturato fotografa una recessione che porta la perdita media di industria e servizi a -11,45% rispetto al 2019. Il dato è naturalmente in linea con la perdita di Pil (-8,9%). Al di là di settori retail, turismo e ristorazione, che hanno subito e subiscono i peggiori impatti della crisi, si evidenzia come coloro i quali non sono abituati all’ascolto delle proprie persone e alla velocità di reazione sulla base dei loro pareri, sono proprio quelli che pagano di più in termini di fiducia, di engagement e di risultati economici.

Fronte digitale

Infine, c’è l’Italia delle start-up tecnologiche e delle aziende digitali, aziende che hanno registrato livelli di fiducia e benessere organizzativo tra i più alti di sempre; Il Trust Index© di queste organizzazioni è pari all’88% e la crescita di fatturato media addirittura al 123%. Se avessimo incluso nel computo economico generale queste aziende straordinarie, la crescita media di fatturato delle 50 Best sarebbe stata del 22,97%, la correlazione con il Trust Index sarebbe addirittura aumentata fino a 0,96, ma avremmo così rappresentato un mondo troppo distante da quello che leggiamo e ascoltiamo ogni giorno. La pandemia, nella sua drammaticità, ci sta regalando alcuni insegnamenti che dovremmo tenere ben presenti nel prossimo futuro: in primis chiedere sempre il parere dei propri colleghi, chiederlo spesso, e non cedere alla paura del feedback negativo e del confronto; in secondo luogo, dare priorità alla transizione digitale che riduce i rischi pandemici e aumenta le opportunità di business; infine, non pensare di poter tornare al mondo che esisteva nel 2019. Il lavoro è cambiato definitivamente, ce lo dicono i nostri collaboratori e non possiamo non ascoltarli.

*Ceo Partner Great Place to Work Italia

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